Uno studio clinico effettuato in Europa ( EU-SPMS ) ed uno compiuto nel Nord America ( NA-SPMS ) sull’Interferone beta-1b ( IFNB-1b ) nella sclerosi multipla progressiva secondaria hanno fornito risultati divergenti riguardo all’outcome primario di progressione alla scala EDSS ( Expanded Disability Status Scale ), mentre gli effetti sono risultati simili riguardo agli end point di recidiva e su quelli correlati alla risonanza magnetica per immagini ( RMI ).
Ricercatori dell’Ospedale Universitario di Basilea hanno analizzato le ragioni di tale discrepanza.
La varianza nelle misurazioni alla scala EDSS è stata del 6.5% più elevata nello studio NA-SPMS.
Lo studio europeo ha incluso pazienti in una fase più precoce di sclerosi multipla progressiva secondaria e con malattia più attiva sia nella fase di pre-studio ( recidiva, risonanza magnetica per immagini ) che nello studio ( EDSS, recidiva e variabili RMI ).
L’ analisi congiunta ( pooled ) ha evidenziato una riduzione del rischio totale di circa il 20% nei pazienti trattati con 8 MIU ( 250mcg ) di Interferone beta-1b nella progressione della disabilità alla scala EDSS ( p = 0.008 ).
Una riduzione del rischio dal 30% al 40% è stato osservato nei pazienti con almeno una recidiva o con un cambiamento maggiore di 1 alla scala EDSS nei 2 anni precedenti l’ingresso nello studio.
I risultati ottenuti dall’analisi post-hoc dei due studi clinici con Interferone beta-1b nella sclerosi multipla progressiva secondaria hanno indicato che sia la pronunciata progressione della disabilità che la continua attività di recidiva possono essere di aiuto nell’identificare i pazienti nella fase progressiva secondaria della malattia che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dal trattamento. ( Xagena2004 )
Kappos L et al, Neurology 2004; 63: 1779-1787
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